100 volte Reggina: storia di un legame eterno tra città e squadra

1914regginadi Paolo Ficara - La storia siamo noi. Dall'11 gennaio 1914 sono trascorsi 100 anni di passione, di polvere, di emozioni, di lacrime, di successi. La Reggina ha reso fiero il proprio popolo nel corso dei decenni, diventando spesso il simbolo positivo della città anche nei periodi molto bui. La ricorrenza del centenario ci consente di far rivivere, nelle nostre menti, le pagine di un passato glorioso. Pagine, quelle amaranto, che niente e nessuno può cancellare. Al di là di date, ricorrenze, denominazioni e uomini.

Una storia che conosce i primi successi negli anni '30, che vedono la costruzione dello stadio inizialmente intitolato a "Michele Bianchi", nonché l'assunzione del nome di Associazione Sportiva Reggina, rimasto in essere fino al 1986 ma marchiato a fuoco nel cuore di ogni tifoso. La storia è fatta dagli uomini, ed il personaggio più importante di questi 100 anni è sicuramente Lillo Foti. Nel bene, è il presidente della prima Serie A con annessi traguardi storici. In un calcio che è specchio fedele della società e della cultura nello Stivale, non è mancato il suo coinvolgimento in contesti come Calciopoli: il tempo, galantuomo, un giorno chiarirà le sue condotte, atte a tutelare la Reggina, come direbbe Venditti, in questo mondo di ladri.

Un paio di decenni prima del suo insediamento, un altro grande presidente ha ottenuto risultati fondamentali, consentendo di fatto l'affermazione del calcio professionistico a Reggio Calabria. Il riferimento è ad Oreste Granillo, capace di avvalersi di diversi fuoriclasse: il direttore sportivo Enzo Dolfin, il segretario generale Franco Iacopino e l'allenatore Tommaso Maestrelli. Uomini di indiscussa sapienza calcistica, le cui scelte sono valse la prima storica promozione in B ed una Serie A solo sfiorata. Il dottore Iacopino si è distinto per i 42 anni successivamente spesi all'interno della Reggina: tale carriera ne fa una pietra miliare del percorso amaranto, per il club è sicuramente motivo di vanto essersi fregiato di tale professionalità.

L'impresa non riuscì neanche al presidente Pino Benedetto per un rigore, ma il confronto tra quei quattro titani della storia amaranto va fatto con gli artefici della gioia assoluta provata il 13 giugno del 1999. Assieme ai già citati Lillo Foti ed ancora Franco Iacopino, fondamentale fu la figura del direttore sportivo Gabriele Martino. Le sue doti di talent scout, messe in mostra soprattutto nella seconda metà degli anni '90, agevolarono il percorso della Reggina verso la conquista dell'olimpo del calcio, come ama definirlo lui. L'apice venne toccato nell'estate del '99, con l'allestimento della squadra per il primo campionato in massima serie: gli acquisti di Baronio, Kallon e Stovini rappresentarono delle perle, seguite poi dagli arrivi di Pirlo, Vargas e Taibi nelle finestre di riparazione. Se, nell'anno della promozione, le mirabili intuizioni tattiche di Elio Gustinetti fecero rendere oltre le aspettative un organico senza primedonne, nella stagione successiva, in Serie A, i 40 punti valsi un'agevole salvezza (con Franco Colomba alla guida) sarebbero potuti essere di più.

Epoche e momenti storici diversi non consentono un paragone reale tra la mitica dirigenza degli anni '60 e '70, e la "pigna" capace di individuare il periodo favorevole a cavallo tra due millenni (con riferimento anche al tempismo dei lavori per il rifacimento dello stadio, iniziati proprio nell'anno della promozione in A). Per quanto riguarda gli allenatori, in linea di massima si ritiene che mettere alle proprie spalle 16 o più squadre, sia molto più difficile che sopravanzarne tre o quattro. Ecco perché gli autori delle promozioni (storiche quelle del '65 con Maestrelli dalla C alla B e con Gustinetti-Bolchi nel '99 dalla B alla A, ma vanno citati anche Buratti, Pugliese, Tobia, Caramanno, Scala, Zoratti e Colomba), in teoria, hanno lasciato un segno più importante rispetto a chi ha ottenuto delle salvezze seppur sudate e meritate.

Impossibile però non eleggere Walter Mazzarri come più grande allenatore nella storia della Reggina. Al 10° posto in A del 2004/05 ed alla permanenza dell'anno successivo, ottenuta al terzultimo turno col 3-0 che mandò in B il Messina, si aggiunge l'autentico miracolo della salvezza con l'handicap: i 51 punti conquistati sul campo nel 2006/07 costituiscono l'apoteosi nel percorso calcistico di una provinciale del profondo Sud. Gli 11 punti di penalizzazione (ridotti in corso d'opera rispetto ai 15 decretati ad agosto 2006) hanno rappresentato una molla per quel gruppo fantastico. Anche in questo caso, come per la Reggina di Maestrelli, di Scala o di Gustinetti, in campo non ci sono primedonne. Anche in questo caso, le scrivanie sono occupate da alacri lavoratori: Aldo Cerantola si prende una grossa rivincita da talent scout, rispetto alla retrocessione in C1 vissuta in panchina nel 1991; Riccardo Bigon, attuale ds del Napoli, è un trait d'union serio e scrupoloso tra presidente ed allenatore; alle loro spalle, contribuisce fattivamente anche Armando Calveri, all'epoca dedito al settore giovanile ed all'osservazione, ed oggi segretario generale della Lazio.

Troppo difficile citare uno, due o dieci calciatori senza far torto ad altre centinaia. La politica di comprare a poco, e possibilmente valorizzare e rivendere a tanto, ha fatto scaturire continui rinnovamenti di organico. Di conseguenza sono tantissimi i professionisti del pallone alternatisi in campo nei decenni, anche se non manca chi ha piantato le tende come gli inossidabili Maurizio Poli e Simone Giacchetta, oltre ad Alberto Gatto. Abbiamo individuato quattro stagioni fondamentali nei 100 anni della Reggina, scegliendo per ognuna un protagonista che potesse farci rivivere quei momenti, e possibilmente parlare anche a nome dei compagni di squadra.

Il primo grande salto è del '64-'65. La Reggina viene affidata a Tommaso Maestrelli, dopo il dietrofront di Tom Rosati. Il presidente Granillo ed i dirigenti Dolfin e Iacopino non fanno mai mancare il sostegno nell'arco della stagione, decisa nel rush finale. Il successo ottenuto sul campo del favorito Cosenza, allenato proprio da Rosati, lancia gli amaranto verso la vittoria del campionato di Serie C. Gran parte di quella squadra vincente, assieme al riconfermato allenatore, sfiora l'anno successivo il salto in Serie A. Niente affatto sbiadito il ricordo di uno di quei protagonisti, attaccante molto dotato sul piano fisico ed abile ad aprire gli spazi.

santonicoIl centenario di GIUSEPPE SANTONICO: "Nell'anno della storica promozione in B, perdemmo a Pescara quando mancavano otto partite al termine, ma poi sbancammo Cosenza e ci fu la rivoluzione. Passammo noi in testa e vincemmo il campionato, nonostante ci venne data partita persa a Crotone. Feci gol io. Fu uno scandalo, la giustizia sportiva ci sanzionò per una mela lanciata in testa al guardalinee da Umberto Pizzo, un tifoso tutto vestito di amaranto che fu portato in carcere. Arrivai a novembre del '64 assieme a Mupo, trovando una bella squadra che era già seconda in classifica. Tutti pensavamo di poter vincere il campionato, e ci riuscimmo anche se a fatica. Maestrelli? Ho avuto tanti allenatori, ma lui è unico. È stato un padre di famiglia ed era preparato. All'epoca faceva tutto l'allenatore, non c'era nemmeno un preparatore atletico. Scoglio venne a darci una mano per il recupero degli infortunati, lo portò Dolfin. Il direttore, al pari del mister, era una sorta di papà e faceva tutti gli acquisti. Formavano un bel trio col presidente Granillo, bravissima persona. Quando ho saputo che gli è stato intitolato lo stadio, ho provato grande emozione. Non sono potuto venire a Reggio in occasione della sua scomparsa, ricordo che andai assieme a lui a Roma quando morì Maestrelli".

Abbastanza lungo il periodo di anonimato che contraddistingue le annate successive. Tuttavia, non mancano a Reggio giocatori dal talento spiccato. Cessata l'era Granillo, ci pensa Amedeo Matacena a rinnovare qualche ambizione. Un paio di altalene tra C1 e C2, vari avvicendamenti alla guida della società e problematiche economiche che si acuiscono nel 1986, anno del fallimento della A.S. Reggina. Con un miracolo burocratico, il sindaco Mallamo e l'immancabile dottore Iacopino (tra gli altri) riescono a mantenere il titolo sportivo (con promozione in C1 peraltro conquistata proprio quell'anno) grazie all'azionariato popolare, nonostante si debba ricorrere alla creazione di una nuova società.

È qui che entrano in gioco Benedetto, Foti, ed altri importanti soci come Mimmo Praticò e Gianni Remo. Dopo una prima soddisfacente stagione con Albertino Bigon, la panchina viene affidata a Nevio Scala. Il ritorno in B del 1988 con lo spareggio vinto contro la Virescit, traguardo che risveglia ed amplifica entusiasmi sopiti, ci viene ricordato da un calciatore che ha l'amaranto cucito addosso, ed è stato protagonista anche della successiva promozione del '95. La voce racconta mentre l'anima vibra.

mariottoIl centenario di MASSIMO MARIOTTO: "Stagione indimenticabile. Ero arrivato l'anno prima con Albertino Bigon, poi giunse questo allenatore formidabile che era Nevio Scala. Anche i collaboratori non erano da meno. Mi riferisco a Carminati, autore di una carriera di altissimo livello, e Di Palma, mio compagno nella stagione precedente ed adesso in Nazionale. Non lo sapevamo in quel momento, ma avevamo un grandissimo staff. Reggio stava soffrendo, ma la Reggina era tutto cuore e traeva energia da parte di tutti. Mi riferisco ai giovanissimi dirigenti: il grande presidente Benedetto, o Foti con mille idee. C'era un gruppo di ragazzi che aveva voglia di emergere. I risultati cominciarono ad arrivare e trascinammo una città intera. Quella squadra viene ricordata tuttora con entusiasmo e rispetto. Incarnavamo lo spirito Reggina, forse un po' smarritosi ultimamente. Quando sento recitare a memoria quella formazione mi inorgoglisco. Se incontro i miei coetanei, mi dicono che li abbiamo fatti sognare. È qualcosa di incredibile, ti vengono in mente le emozioni giornaliere. Eravamo un tutt'uno con la città, tra cene coi tifosi, visite ai club e passeggiate sul corso. Si stava attraversando un momento sociale difficilissimo, eravamo quasi incaricati di dare sollievo e consentire una rivalsa almeno a livello sportivo. Differenze con la promozione del '95? Ai tempi di Scala ero un ventenne, poi la seconda promozione l'ho fatta da capitano e da ragazzo maturo. Era una Reggina diversa, anche in termini di strutture. Sette anni prima, ci allenavamo in uno spazio ristrettissimo dietro la curva, con gli alberi in mezzo. Eravamo, come diceva Di Marzio, un flipper impazzito. Nei test facevamo a gara a chi andava più forte, ogni giorno. In quel periodo eravamo vivi, con un'energia pazzesca. Nell'anno di Zoratti la promozione è stata più ragionata: eravamo fortissimi, ma emotivamente non c'è stato proprio paragone. Tuttora viene snocciolata la formazione con Rosin, Bagnato, Attrice. Ricordo quei compagni nitidamente. Ho avuto altri tipi di compagni, ma quelli sono per la vita. È stata la mia squadra e personalmente anche il periodo più bello della mia carriera. Credo lo sia stato per tutti. Poi la Serie A ha ricreato nuove emozioni, ma all'epoca mettemmo delle basi solide per questa società".

L'ex centrocampista fotografa talmente bene quel che si è provato tra le promozioni in B prima nel 1988 e poi nel 1995, che da parte nostra c'è da aggiungere solo qualche dato storico. La delusione dello spareggio perso nel 1989 ai rigori contro la Cremonese è profonda. Il raggiungimento della Serie A diventa un tarlo, la Reggina elargisce ingaggi a calciatori di nome ed oltre alla retrocessione del '91 rischia il fallimento. La tripla cessione dei giovani Campolo, Di Sole e Tedesco alla Fiorentina, consente alla società di un Foti diventato ormai presidente (al posto del dimissionario Benedetto) una notevole boccata d'ossigeno. Viene dato vita al centro sportivo Sant'Agata, si presta sempre maggiore cura al settore giovanile. Nell'anno del ritorno in B si registra l'esordio di Simone Perrotta, laureatosi poi campione del mondo con l'Italia nel 2006, e ci si salva con un impensabile colpo di coda che fa scaturire quattro vittorie consecutive.

Si arriva all'inizio della stagione '98-'99 col debuttante Elio Gustinetti in panchina, ed una squadra raffazzonata ma abilmente completata in corso d'opera, grazie anche alle indicazioni del tecnico poi esonerato a sei giornate dal termine. Bruno Bolchi traghetta la Reggina in Serie A per la prima volta dopo 85 anni di storia. Alla trentottesima ed ultima giornata, gli amaranto vincono sul campo del già promosso Torino. L'assist per l'1-2 finale, segnato da Tonino Martino (dopo il momentaneo 0-1 di Cozza ed il pareggio di Ferrante), parte dal piede di una delle rivelazioni di quell'annata, un calciatore estroso tra i pochi ad essere mantenuto in formazione titolare poi in Serie A.

possanziniIl centenario di DAVIDE POSSANZINI: "Per me è stato un anno troppo importante, sia dal punto di vista calcistico che umano. Sono maturato parecchio, ed ho vissuto il calcio in maniera totalmente diversa da quello a cui ero abituato. Mi sono salvato dalla freddezza del nord, anche se da queste parti esistono pur sempre delle piazze calde. I tifosi della Reggina vivono di calcio. Arrivare tra lo scetticismo ed acquisire fiducia, col passare del tempo, è stata una cosa bella. Dopo poche partite, sentivo una forza particolare dettata proprio da questi aspetti: la fiducia dei compagni ed il calore della tifoseria. La Reggina in seguito ha fatto altre annate bellissime, ma per il reggino che ha vissuto il calcio dalla C fino alla Serie A, credo che quella promozione abbia rappresentato il salto di qualità. Quell'anno vivemmo qualcosa di favoloso ed irripetibile, si formarono alchimie particolari. Eravamo partiti malissimo e si puntava alla salvezza, poi la società piazzò gli acquisti giusti spendendo quasi niente. Il gruppo, l'allenatore e la piazza furono le armi in più. Quando si giocava in casa, c'era la certezza di vincere per forza: ci guardavamo negli occhi, e la partita era vinta prima di giocarla. Eravamo forti dentro lo spogliatoio, nonostante non ci fossero grandi nomi. Una squadra normalissima, ma con tanti valori. Ho ancora tutti i poster della Serie A, categoria che forse non ero pronto per affrontare a quell'età. Su di me sono state riposte tante aspettative, dovevo confrontarmi con calciatori fin lì visti soltanto in tv. Provai un po' di emozione, ci furono problemi anche in A ma la stagione fu positiva. Forse potevo fare di più, non ho reso come l'anno precedente. Ma è stato un campionato che mi ha ripagato di tutti i sacrifici fatti da piccolo: ho lavorato sempre sodo, per arrivare un giorno a giocare in Serie A. La campagna abbonamenti con la mia foto e la mia maglia in regalo, mi ha ripagato di tutto ciò. Vorrei rivivere tutto con la testa di adesso, per gestire meglio la situazione e rendere di più".

L'approdo in Serie A rappresenta uno dei due momenti storici, dopo il favoloso biennio di Nevio Scala, che consente alla Reggina di farsi scoprire da nuove leve e generazioni di tifosi. In Curva Sud si crea un muro umano, sotto l'egida di Carminello, e la tifoseria organizzata viene riconosciuta come la migliore d'Italia. Notevoli le soddisfazioni raccolte in nove campionati nella massima serie (di cui sette consecutivi, dopo la promozione del 2002 targata Franco Colomba), pazienza se è mancata qualche ciliegina sulla torta (l'acquisto sfumato di Roberto Baggio, o i proclami non mantenuti circa un piazzamento Uefa). Gli amaranto sono stati capaci di mettere al tappeto, almeno una volta, tutti gli squadroni più blasonati del calcio italiano. Tante le salvezze sudate, risicate ma alla fine meritate. L'apice della goduria sportiva sembra essere toccato il 30 aprile 2006, quando Cozza, Amoruso e Bianchi strapazzano il Messina e lo spediscono in B al posto nostro. Ma il meglio deve ancora venire.

Al terzo anno sulla panchina della Reggina, Walter Mazzarri si trova a dover motivare il gruppo a fronte di una penalizzazione inflitta dalla giustizia sportiva, per il coinvolgimento di Foti nello scandalo delle telefonate ai designatori arbitrali. La salvezza appare impossibile, ma nella Reggina ci sono uomini veri che alla fine manterranno la Serie A nonostante il -11, e verranno premiati dal sindaco Scopelliti con la cittadinanza onoraria. Ne fa le spese ancora il ripescato Messina, nuovamente battuto e superato. Il capitano di quella epica squadra ci individua i momenti fondamentali della stagione 2006-07.

foggialucarelliIl centenario di ALESSANDRO LUCARELLI: "Stagione incredibile. All'inizio ci davano tutti per spacciati, siamo riusciti a ribaltare clamorosamente il pronostico. Mi vengono in mente un paio di episodi che ho stampati in mente. Quando venne fuori la penalizzazione, eravamo in ritiro a Crotone per la gara di Coppa Italia. Il mister ci chiese chi voleva rimanere e chi voleva andar via. L'handicap poteva far venir meno gli stimoli. Ma Mazzarri disse: 'Io rimango qua, voglio fare il miracolo. Chi ci crede, da oggi inizia a lavorare per compierlo. Chi non se la sente, è libero di andar via'. Non parlò nessuno. Da lì è cominciata la cavalcata incredibile, conclusa con un secondo aneddoto che voglio raccontare. Ad Empoli, alla fine del primo tempo, eravamo sotto 3-0 e praticamente retrocessi. Ci serviva assolutamente un punto. Il mister ci prese dentro lo spogliatoio, dicendo che se avevamo una possibilità di recuperare questa partita, dovevamo rimanere in undici. C'era molto nervosismo, non ci aspettavamo un Empoli così carico, dato che aveva già raggiunto il proprio obiettivo. All'intervallo ci fu un mezzo parapiglia nel sottopassaggio, però il mister ci disse in quel modo ed il 3-3 ci consentì di salvarci, battendo poi il Milan. Mazzarri è il più grande allenatore nella storia della Reggina, oltre ad essere il migliore che abbia mai avuto da quando gioco a calcio".

Per una annata così particolare, con un risultato destinato probabilmente (speriamo) a rimanere unico, è importante attingere anche dalle sensazioni di chi ha occupato una scrivania. Un dirigente che senza mai prendersi nemmeno un rigo di giornale, è stato sempre in prima fila nei momenti difficili quando le luci erano spente, salvo poi lasciare la ribalta a già idolatrati protagonisti. Il suo ricordo ricalca in alcuni aspetti quello di Lucarelli. Vive tuttora la città di Reggio avendo messo su famiglia, ma quando proviamo a chiedergli un parere sul momento attuale, figlio delle annate successive al suo distacco professionale dalla Reggina, si schernisce come sua abitudine.

bigon reggina1-300x225Il centenario di RICCARDO BIGON: "Il ricordo è molto positivo, coincide con gli inizi della mia storia professionale nonché con avvenimenti molto importanti della mia vita privata. Ho trovato moglie a Reggio Calabria e lì sono nati i miei figli. La città e la Reggina rappresentano per me una seconda casa. Per quanto riguarda la squadra, superfluo dire che sono legatissimo. Il primo risultato della B che chiedo al sabato, è quello degli amaranto. Episodi, aneddoti ed insegnamenti tratti da quell'esperienza sono talmente tanti, che mi viene difficile selezionarli. Se ho mai mancato di esternare qualche emozione? Sicuramente sì, perché pur essendo stato in quegli anni il direttore sportivo della Reggina, il motore del club è sempre stato il presidente Foti e catalizzava su di sé l'attenzione. Con riferimento all'anno del -11, che io ricordo sempre come anno del -15 perché è così che siamo partiti, il presidente era squalificato e sono stato giocoforza protagonista di tante vicende. Emozioni incredibili, per un'annata che rimarrà storica per il calcio italiano, per tantissimi motivi. Mazzarri fu straordinario, per la forza impressa a tutto l'ambiente sin dal primo giorno della penalizzazione. Prima di giocare a Crotone, fece una riunione su un campo d'allenamento. Chiamo a sé tutti, calciatori, magazzinieri, dottori, massaggiatori. Lì il mister diede una forza incredibile per partire, ma poi mantenne un'energia pazzesca per tutta la stagione, conclusa con un discorso alla squadra, nell'intervallo di Empoli-Reggina, che non dimenticherò mai. Ancora a pensarci, mi vengono i brividi. Si capì che l'allenatore era di un livello superiore, la sua carriera l'ha confermato. Quel super Mazzarri rappresentò una delle componenti principali, assieme all'entusiasmo della città. La festa di fine stagione per le strade di Reggio, la cittadinanza onoraria che porto ancora nel cuore e mille altre manifestazioni, rappresentano un'immensa soddisfazione. Un messaggio ai tifosi sul momento attuale? Dall'esterno non mi permetto di dire niente, adesso la Reggina ha una storia diversa che non sono in grado di commentare. Mi infastidisce molto quando gli altri giudicano me dal di fuori, non mi va di fare il contrario. Mando un grande saluto e faccio gli auguri a questo club, che compiendo 100 anni entra in una elite ristretta del calcio italiano. Non serve che io dica ai tifosi della Reggina di star vicino alla squadra, o di essere sempre grati a chi ha fatto la storia, dando energie e parte della propria vita per il bene della Reggina. Tutti vanno ringraziati a prescindere dalle annate buone o meno buone. Quel che la Reggina ha fatto per la città di Reggio Calabria è qualcosa di unico nel panorama nazionale".

reggina1914Questo è il piccolo pezzo di storia che siamo riusciti a raccontare, scegliendo i momenti più gloriosi di questi primi 100 anni della Reggina. Rileggere e rivivere i successi, deve darci la spinta per gettare nuove basi per il futuro. Arriviamo al centenario certamente non nel momento più fulgido, sportivamente parlando. Historia magistra vitae insegna che ci siamo sempre risollevati, anche se a volte è dovuto trascorrere parecchio tempo. Auguri Reggina, regalaci altri cent'anni così. E rialzati.