Il futuro dell'Europa: anche un problema demografico

bandiereUEdi Nino Mallamaci* - "Il fatto che possa votare io e il mio voto possa contare come uno di quei giovani nati adesso mi dà fastidio; arrivo io, casomai un inglese anziano e incazzato e decido che i giovani della Gran Bretagna devono stare fuori dall'Europa. Ma se tu muori tra cinque minuti, statte quieto. Come ti permetti di votare!"
Questa affermazione dello scrittore Erri De Luca ha sollevato, nei giorni scorsi, accese polemiche. Il che è comprensibile, se non si tiene conto che De Luca è uno scrittore, amante del paradosso e della provocazione, e non un capo partito o, semplicemente, un deputato o un senatore della Repubblica. Tuttavia, il tema non è nuovo. Esso va inserito nel dibattito, in corso da tempo in tutte le democrazie occidentali, sulla validità di questo sistema rappresentativo, sulla necessità di apportarvi delle migliorie che tengano conto dei mutamenti politici, sociali, economici, tecnologici. Per ora siamo fermi a Churchill, e la democrazia è (ancora) la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora.
Ciò non significa che, in un futuro prossimo o meno prossimo, possano vedere la luce idee nuove, in grado di ovviare agli inconvenienti più gravi. Per tornare a De Luca, al suo esempio sulla Brexit, vi è da aggiungere che in Italia non potrebbe mai succedere, a Costituzione invariata, ciò che è accaduto nel Regno Unito. Il referendum su un tema del genere è esplicitamente escluso dal secondo comma dell'art. 75 della Costituzione : Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.

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La provocazione di De Luca però deve far riflettere. E così come non è possibile, secondo la Consulta, spalmare i debiti per spese correnti di un Ente su trent'anni per non ipotecare la vita delle generazioni future, così i cittadini più anziani dovrebbero tener conto, nell'esprimere il loro voto, delle conseguenze dello stesso sui ragazzi, sui giovani, su tutti coloro che hanno una prospettiva di vita che non è di 10 o 20 anni. In sostanza, io leggo le parole di De Luca come un appello al senso di responsabilità verso i nostri figli e i nostri nipoti, ai quali, e su questo non credo vi possano essere dubbi, rischiamo di consegnare un mondo peggiore di quello avuto in eredità.
In sostanza, parlando di Europa, i nostri ragazzi sono nati e cresciuti in un continente in pace grazie alla magnifica costruzione dell'Unità europea, con tutti i limiti che non abbiamo difficoltà a riconoscere dovuti, essenzialmente, al fatto che l'edificio non è stato completato dal punto di vista politico.
Il ragionamento di De Luca si incrocia ed è strettamente connesso con un altro dato incontrovertibile. Sotto l'aspetto demografico, il Vecchio continente è, appunto, sempre più vecchio, e sempre meno abitato. A tal proposito, un articolo di El Pais ricorda che la percentuale della popolazione europea su quella mondiale è passata dal 20 % del 1900 al 13,5 del 1960 e al 6,9 del 2015, e se il trend attuale dovesse continuare, come accadrà in assenza di adeguate - e a mio avviso irrealistiche - contromisure per aumentare le nascite, nel 2040 la percentuale sarà scesa al 5 %. Il fenomeno è determinato dall'innalzamento dell'aspettativa di vita, ora a 81 anni, e dal calo della fertilità che ha condotto il tasso di sostituzione (nati per morti) a 1,5 bambini per donna, ben al di sotto di quello necessario per mantenere l'equilibrio, pari a 2,1. Solo in Spagna, continua El Pais, nel 2060 ci saranno 8,7 milioni di persone in età lavorativa in meno, e 8 milioni di pensionati in più, per un totale di 17 milioni. La situazione dell'Italia non sarà certamente migliore. Questi numeri danno maggiore forza al ragionamento di De Luca: sono le persone anziane, tendenzialmente le più conservatrici, e che saranno sempre di più a bocce ferme, a determinare il futuro dei più giovani. E questi numeri dicono anche che le politiche di chiusura generano un circolo vizioso a tutto danno delle fasce giovanili e della società nel suo complesso, il cui dinamismo economico e produttivo dipende logicamente dai cittadini che si affacciano sul mercato del lavoro, o ci stanno da poco tempo, con la voglia di migliorare le proprie condizioni di vita, spingendo passo dopo passo un po' più in là la frontiera del benessere.
Abbiamo bisogno, perciò, soprattutto da parte degli elettori anziani, di maggiore senso di responsabilità, di orizzonti più ampi, di vedute meno meschine. Di guardare altruisticamente, in prospettiva, stroncando i movimenti sovranisti e xenofobi e lasciando che i flussi migratori, anche se controllati, fungano da nuova linfa per un continente altrimenti condannato al definitivo declino.

* Avvocato e scrittore